Quante volte ti è capitato di non dire quel che volevi e mandare giù un amaro boccone?
Alcuni giorni fa ho trattato una persona con dolori al collo davvero molto importanti.
Un ipertono muscolare che però non corrispondeva ad una limitata mobilità articolare. Indizio che già può dire molto della persona.
Quanto sono contratti i muscoli e quanto la zona con i muscoli contratti è mobile sono 2 aspetti da mettere sempre in relazione per capire che approccio usare.
Intendo che se hai muscoli tesi e articolazioni bloccate (ad esempio se fai fatica a ruotare il collo) puoi essere di fronte ad una problematica piuttosto vecchia in cui hai perso la mobilità per problemi di rigidità delle articolazioni, dei legamenti, delle capsule articolari (dipende dal tipo di articolazione).
Che i muscoli siano o no la causa, si adattano a quella modalità mostrando forte rigidità e dolore alla pressione.
Diverso è il caso in cui hai una mobilità ottimale ma i muscoli sono dolenti, tesi e infiammati.
Questa condizione fa pensare non tanto ad un danno/usura dei tessuti articolari ma ad uno stato di eccessiva tensione muscolare che non ha ancora intaccato le vertebre cervicali. E questo è il caso della persona venuta in studio.
Prima o poi però cartilagini, dischi intervertebrali e vertebre soccomberanno alla grande e costante forza dei muscoli.
Grande perché ci sono casi di muscoli della colonna che sono riusciti a piegare barre in metallo applicate per ridurre le scoliosi.
Costante perché mantengono il loro tono basale (la loro tensione) 24 ore al giorno.
In questi casi il primo pensiero è che ci sia qualcosa che tiene in scacco quei muscoli e che non gli permette di rilassarsi, spegnersi, e perché no, consumare meno energia.
Osservando e ascoltando la persona si percepiva che non era un trauma fisico il vero responsabile di quel male al collo, ma una condizione emotiva.
Bastava sentire il tono, la velocità delle parole, la mimica del viso. Non servivano neanche le parole.
Poi la persona stessa ha confermato di non aver mai avuto traumi fisici particolari e non le è mai accaduto niente che potesse essere messo in relazione col dolore al collo.
Tratto il collo e infine testo se ci sono compiti da fare a casa. I compiti… Altra tematica importantissima che svilupperò in un altro articolo.
Il compito era urlare quello che per troppi anni aveva soffocato dentro di sé, ovviamente in un momento in cui la persona potesse essere sola e solo se la fosse sentita.
In questo caso il risultato a fine seduta è stato ottimo, ma il mio pensiero andava a quanto questo si sarebbe mantenuto (lo scoglio più grande per qualunque terapista).
In seconda seduta la persona è arrivata dicendomi che “si sente un’altra persona”, che ha fatto il compito e urlato fortissimo. E questo l’ha cambiata… È uscita una parte di lei sopita da anni…
Mi ha raccontato di non aver pianto in modo normale, come altre volte aveva fatto, ma di aver “pianto come una bambina, quella stessa bambina che aveva subito violenze in casa”.
Ecco che accorgendosi di questa parte di sè e soprattutto lasciandola uscire in modo reale e concreto (urla e pianto) i suoi muscoli del collo hanno potuto trovare pace.
Quei muscoli erano lì a soffrire, a contrarsi, a torturare quel collo perché avevano bisogno di liberarsi di quel peso, di quella “ciste emotiva” che era ormai impossibile tenere ancora sepolta. Come un vulcano che esplode!
La persona è entusiasta della leggerezza e della pace ottenuta e crede che il merito sia mio. In realtà io ho solo dato lo spunto affinché fosse lei a fare tutto.