Può sembrare assurdo, ma se ti dicessi che sei proprio TU a mettercela tutta per ammalarti, cosa penseresti?

Sì, proprio così.

Non accorgendoti di quali sono i tuoi bisogni primari, confondendoli con i secondari e negando ciò di cui ti accorgi, obblighi il corpo a sviluppare una malattia.

La scrivo più facile, mi spiego meglio e per farlo parto dalla Piramide di Maslow, psicologo statunitense che rappresentò graficamente i bisogni dell’uomo secondo un triangolo.

Il corpo, nonostante la sua complessità per la miriade di sistemi, reazioni chimiche e “pezzi” di cui è composto, funziona secondo bisogni semplici.

Ogni cellula del tuo corpo, infatti, nasce e vive la sua vita al solo scopo di riempirsi, svuotarsi e riprodursi. La cellula del polmone “polmona” e non è interessata a ciò che le succede intorno, lo fa per sé e basta. Quella del fegato “fegata” e, anche se tu ingerisci cibi di cattiva qualità, ce la mette tutta per essere se stessa e fare quello per cui è nata. Lo fa e basta, non si lamenta.

Perché allora tu, senza stravolgere la tua realtà, non puoi essere un po’ più come una cellula? Saresti più felice, più tranquillo, più sano e più forte. Vero?

Nella piramide puoi notare che, su 5 gradini totali, solo il primo è dedicato ai bisogni primari, ovvero necessari alla sopravvivenza biochimica (mangiare, dormire, respirare…). Negli altri 4, invece, trovi bisogni definiti secondari, perché sono bisogni che vivi a livello mentale: sono secondari perché se smetti di sentirti realizzato, vivi lo stesso. Al contrario, se smetti di alimentarti, no.

Ma che cosa fai esattamente ogni giorno per perdere la salute?

Io credo che il benessere del dopoguerra abbia fatto dimenticare il significato di “bisogni primari”: li diamo per scontati.

Mia nonna mi raccontava spesso che durante la sua gioventù molto spesso mancavano beni semplici come il pane; la carne e lo zucchero erano assai rari. Aveva studiato solo fino alla quinta elementare, ma era molto saggia.

Il ricordo delle difficoltà vissute le permetteva di sentirsi estremamente fortunata e felice anche solo con un tozzo di pane e due fette di prosciutto. Si accorgeva ogni giorno dei suoi bisogni primari e del fatto che in modo estremamente semplice poteva soddisfarli. Dormire nel suo letto comodo e avere il bagno in casa non erano aspetti sottovalutati come accade alle nuove generazioni.

Al giorno d’oggi, ascoltando i bisogni mentali sei troppo spesso proiettato verso ciò che non va come vorresti e non lo metti sulla “bilancia” di ciò che va. Pensaci: è così vero?

Una Fiat Panda è una semplice utilitaria: se puoi permetterti solo quella, puoi passare il tempo ad invidiare chi ha un’auto più bella e potente, oppure puoi accorgerti che ti permette di andare a fare la spesa, di andare in vacanza, di portare i figli a scuola e a nuoto.

Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad un’inversione dei bisogni primari con i secondari.

Com’è accaduto? Non accorgendoti piano piano che, se non hai nulla da mangiare, avere l’ultimo modello di cellulare non serve a nulla. E se non hai una casa in cui stare al sicuro di notte, poco conta l’auto nuova o un viaggio in un luogo esotico.

Com’è successo? Appagando le necessità fisiologiche in modo superficiale, come quando ti accorgi che un abbraccio ha un valore inestimabile solo dopo che una persona è mancata.

Ed ecco che oggi i bisogni secondari sono diventati primari: le notizie sempre tragiche date dai media ci tengono in uno stato di allarme anche quando non serve, abbiamo bisogno di essere riconosciuti e accettati tanto da “investire” più fuori di noi che dentro di noi, mangiamo senza accorgerci di cosa mettiamo in bocca perché stiamo guardando il cellulare, parliamo ancora oggi di una discussione avvenuta mesi, se non anni prima.

“E allora?” potresti dirmi ora tu.

Allora è proprio in questo il modo con cui ti organizzi per crearti un dolore o una malattia.

Perché quando viene messo da parte, il corpo se ne accorge.

E si accorge anche che certi atteggiamenti gli costano troppa energia: ogni momento di stress costa in termini energetici perché attiva una serie di reazioni chimiche all’interno dell’organismo. Più il momento di stress è forte e duraturo e più il sistema dovrà reagire.

Come quando dopo un colloquio di lavoro o dopo una discussione accesa ti senti stanco.

Paghi un conto energetico salato ogni volta che non sei a tuo agio in una situazione e resti senza respirare, o quando non dici le cose che ti fanno stare male e ingoi un boccone amaro, quando ti illudi che attraverso gli strumenti digitali si possano instaurare relazioni umane.

Il corpo funziona e mantiene la salute se lo “abiti”, se lo ascolti, se soddisfi i suoi bisogni.

Non hai idea di quante persone si siano presentate da me perché hanno sviluppato un problema avendone la piena responsabilità.

Ti lascio con una domanda su cui riflettere: se tu fossi un fegato e il tuo “pilota” ti facesse bere alcolici perché gli piace ubriacarsi, ci può stare che un giorno tu decida (o non riesca più) a fare il tuo lavoro di fegato e ti ammali?

E se invece tu fossi una vescica gestita da un “pilota” che va a fare la pipì solo quando ha tempo perché in ufficio c’è troppo da fare, avresti il diritto negli anni di diventare incontinente?

A te la risposta.

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